domenica, Ottobre 6, 2024

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I Falchi pellegrini a Caccia

I PELLEGRINI VANNO A CACCIA

falco pellegrino
falco pellegrino
In natura i falchi pellegrini sfruttano diverse tipologie di attacco in base al territorio e alle prede che hanno a disposizione, dai piccoli-medi passeriformi, specializzazione dei maschi, ai grandi uccelli acquatici delle dimensioni di un germano (mai i cigni e le oche), riservati soprattutto alle femmine.
Date le molte variabili da considerare, per i ricercatori è difficile confrontare empiricamente la percentuale di successo delle diverse tecniche utilizzate e soprattutto capire come la strategia della “picchiata”, una conquista evolutiva più recente rispetto all’agguato e all’inseguimento, preferiti soprattutto dalle sottospecie costiere come p.Cassini e p. Pealei e nordiche come p.Calidus, sia effettivamente la più efficace anche in considerazione dei requisiti fisici e cognitivi estremi che richiede, della potenziale pericolosità dell’impatto e della sua dispendiosità in termini di energia impiegata.
A parità di volume il falco pellegrino è il più pesante e compatto tra i falconi, con un carico alare maggiore rispetto a quello, per esempio, del falco sacro e in volo battuto orizzontale, con i suoi 4,4 battiti al secondo, può raggiungere al massimo i 100-120 km/h, non sufficienti per sostenere un inseguimento del più resistente colombaccio (5,2 battiti/sec), per battere in velocità un’anatra o in manovrabilità uno storno.
Per essere competitivo con prede più agili o resistenti o veloci di lui in volo orizzontale, il pellegrino ha imparato a sfruttare un’altro tipo di velocità, sviluppando una tecnica di “caduta controllata” da grandi altezze che può superare i 350 km/h.
Gli uccelli seguono soprattutto tre tipi di traiettorie: volo in linea retta, svolte ampie e regolari, virate a scatti e il falco deve essere in grado di progettare una curva tale da riuscire a catturarli in una di queste situazioni. Generalmente quando la potenziale preda si muove in linea retta, l’altezza dell’attacco è inferiore rispetto all’altezza che serve al falco per intercettare un uccello che procede con bruschi cambiamenti di direzione: la più elevata velocità infatti gli conferisce un grande vantaggio aerodinamico perchè è in grado di sviluppare rispetto alla preda una maggiore accelerazione in minor spazio e una migliore capacità di manovra, data dall’ adattamento di ali e penne a gestire le velocità estreme: particolarmente rigide sono le remiganti addette alla manovrabilità nella fase finale, con bordi perfettamente lisci per ridurre l’attrito e consentire le eventuali correzioni di rotta con minimi movimenti.
falco pellegrino
falco pellegrino
Grazie a un tipo di “navigazione proporzionale” il falco in picchiata rimane in costante linea di collisione con l’obiettivo: se l’angolo sulla linea visiva cambia, il falco vira a una velocità maggiore e proporzionale a quel cambiamento, guadagnando sempre maggior velocità rispetto all’obiettivo.
Durante la fase iniziale della caduta il falco adotta la caratteristica configurazione ” a goccia” con le ali completamente adese al corpo per offrire la minore resistenza possibile all’aria e sviluppare la massima velocità.
Gran parte del successo dell’attacco dipende dalla manovrabilità necessaria nella seconda fase, quando il falco inizia ad uscire dalla picchiata.
All’ aumento dell’angolo di attacco corrisponde una maggiore resistenza dell’aria, quindi il falco porta le ali in posizione ” a coppa”, con le primarie orientate verticalmente e leggermente staccate dal corpo, in modo che parte della portanza venga scaricata lateralmente.
Subito prima dell’impatto il falco decelera rapidamente allineando la punta delle primarie all’asse del corpo (forma a M) ma mantenendo comunque una velocità sufficiente per non stallare ed avere eventualmente la possibilità di rimontare per un secondo attacco nel caso il primo andasse a vuoto
L’altezza da cui parte la caduta è condizionata da molti fattori come temperatura dell’aria, dati barometrici, visibilità, stato di forma, apertura del territorio, dimensioni, velocità e tipologia di fuga della preda.
falco pellegrino picchiata
falco pellegrino picchiata
Il pellegrino può colpire la preda direttamente con i tarsi a fine picchiata oppure superarla e risalire con una curva lungo il suo angolo cieco per legarla con gli artigli.
A tali velocità il minimo attrito con l’aria comprometterebbe l’assetto di volo e il successo dell’attacco, motivo per cui le penne devono essere tenute in condizioni perfette.
Una delle attività quotidiane dei pellegrini è la ricerca del più vicino corso d’acqua corrente e poco profonda dove farsi il bagno e sistemare e impermeabilizzare le penne, abitudine così frequente da condizionare la scelta dei territori di caccia e dei posatoi di riposo.
Prima della caccia di solito si lanciano in qualche forma di gioco di riscaldamento, simulando attacchi alle pavoncelle o molestando qualche cornacchia di passaggio.
Quando l’aria inizia a scaldarsi parte la caccia vera con la perlustrazione sistematica del territorio, che solitamente viene sfruttato per qualche giorno alternato ad altri, anche a 20-30 km di distanza, per evitare un’azione difensiva nelle prede che potrebbero abbandonarlo definitivamente.
Alcuni setacciano in linea retta per 10 o 20 km, invertono la direttrice e rientrano per attaccare le prede già allertate e pronte a involarsi, altri battono il territorio controvento per compiere poi lunghe e repentine planate diagonali di diversi chilometri a favore di vento.
A volte possono aspettare su un comodo punto di osservazione e approfittare della conoscenza dei posti utilizzati solitamente dalle potenziali prede per abbeverarsi e nutrirsi o delle rotte abituali da e verso il nido.
Generalmente nei giorni e nei periodi più tiepidi sfruttano le correnti ascensionali, cacciano ad altezze superiori e sopra un’area più vasta rispetto alle giornate fredde e nuvolose o di pioggia o nebbia, elementi questi ultimi che inibiscono più di altri il raggio d’azione.
Ciò che attira maggiormente l’attenzione sono il piumaggio bianco o chiaro (il bianco del collare e delle bande alari del colombaccio sono ottimi punti focali per il falco in picchiata),
le vocalizzazioni in volo ( come quelle delle allodole), i comportamenti anomali che possano tradire una qualche forma di debolezza, come malattia, giovinezza o vecchiaia.
La scelta della preda dipende ovviamente dalle specie disponibili, che variano in base all’habitat e alla stagione eppure, anche tenuto conto della disponinilità, una specie risulta essere in assoluto la preferita, la “controparte” per eccellenza: il piccione e il suo relativo selvatico, il colombaccio.
Una preda velocissima, resistente e con grandi abilità di virata e di manovra, insomma un osso duro.
Anche questo, secondo me, rende l’idea di che pasta siano fatti i pellegrini.
Lara Flisi
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Lara Flisi
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