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a proprosito della discussione sulla modifica della legge 157/92 sulla caccia.
Come si sostiene nella prefazione "storica" all'ultima edizione di "de arte venandi cum avibus"
la caccia con i rapaci costituisce una rottura concettuale con la caccia che si era praticata sino alla prima parte del Medio Evo.
Mentre nella caccia con le armi (quelle della guerra) c'è un rapporto diretto e causale tra l'intento venatorio, i gesti che ne conseguono e l'uccisione della preda, in quella con gli uccelli non è così.
Il cacciatore con spada,ascia,lancia o arco (e oggi con il fucile) compie direttamente il gesto venatorio, determinando con il fendete,lo scoccare del dardo o, oggi, il rilascio del cane del fucile - e a meno che non sbagli il bersaglio -la morte della preda.
Nella caccia con i rapaci non è la mano dell'uomo che determina la cattura o l'uccisione della preda. L'uomo libera il falco, il falco è libero di seguire il suo istinto predatorio, ma non è piö nelle mani dell'uomo e non ne esegue meccanicamente la volontà .
Il rapace agisce secondo il suo arbitrio ed è solo la sintonia tra questo e l'intento dell'uomo che consente il successo del gesto venatorio
L'uomo, il nobile, nella caccia con i rapaci non uccide piö direttamente la preda, non si macchia direttamente del suo sangue, e proprio per questo la falconeria diventa la piö nobile tra le arti venatorie.
Questo concetto fissato con nitidezza sin dal XIII secolo si è perso nella piö recente cultura e quindi nella legislazione.
Da questa distinzione, secondo me, bisogna ripartire per modificare l'attuale legge sulla caccia.
Nella falconeria non c'arma e la predazione non è diretta dall'uomo ma dal rapace che applica il suo istinto naturale.
saluti tutti.
Come si sostiene nella prefazione "storica" all'ultima edizione di "de arte venandi cum avibus"
la caccia con i rapaci costituisce una rottura concettuale con la caccia che si era praticata sino alla prima parte del Medio Evo.
Mentre nella caccia con le armi (quelle della guerra) c'è un rapporto diretto e causale tra l'intento venatorio, i gesti che ne conseguono e l'uccisione della preda, in quella con gli uccelli non è così.
Il cacciatore con spada,ascia,lancia o arco (e oggi con il fucile) compie direttamente il gesto venatorio, determinando con il fendete,lo scoccare del dardo o, oggi, il rilascio del cane del fucile - e a meno che non sbagli il bersaglio -la morte della preda.
Nella caccia con i rapaci non è la mano dell'uomo che determina la cattura o l'uccisione della preda. L'uomo libera il falco, il falco è libero di seguire il suo istinto predatorio, ma non è piö nelle mani dell'uomo e non ne esegue meccanicamente la volontà .
Il rapace agisce secondo il suo arbitrio ed è solo la sintonia tra questo e l'intento dell'uomo che consente il successo del gesto venatorio
L'uomo, il nobile, nella caccia con i rapaci non uccide piö direttamente la preda, non si macchia direttamente del suo sangue, e proprio per questo la falconeria diventa la piö nobile tra le arti venatorie.
Questo concetto fissato con nitidezza sin dal XIII secolo si è perso nella piö recente cultura e quindi nella legislazione.
Da questa distinzione, secondo me, bisogna ripartire per modificare l'attuale legge sulla caccia.
Nella falconeria non c'arma e la predazione non è diretta dall'uomo ma dal rapace che applica il suo istinto naturale.
saluti tutti.